L’assegno divorzile: definizione, disciplina, presupposti e giurisprudenza innovativa della Corte di Cassazione in materia.

  • Cos’è l’assegno divorzile
  • L’assegno di divorzio: disciplina
  • Presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile
  • Addio al tenore di vita con la sentenza “Grilli”
  • L’assegno di divorzio nella SU n. 18287/2018
  • Revoca dell’assegno divorzile e convivenza more uxorio

Cos’è l’assegno divorzile

L’assegno divorzile è uno degli effetti patrimoniali che possono scaturire dallo scioglimento del matrimonio. Il coniuge che ha maggiori disponibilità economiche, in virtù del dovere di solidarietà sancito dalla Costituzione, può essere infatti obbligato a versare all’altro coniuge un assegno, che può essere periodico o una tantum. Obbligo di versamento che presuppone l’assenza di mezzi economici adeguati o l’impossibilità da parte del coniuge richiedente di procurarseli autonomamente per ragioni oggettive. Obbligo infine che viene a cessare quando il beneficiario passa a nuove nozze o in caso di morte o fallimento del coniuge obbligato.

 

L’assegno di divorzio: disciplina

L’assegno divorzile è disciplinato dalla legge n. 898/1970 contenete la “Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio. Dell’assegno divorzile si occupa il particolare l’art. 5 dal comma 6 al comma 10.

Il comma 6 prevede in particolare che: “Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l’obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell’altro un assegno quando quest’ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.”

 

Presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile

L’assegno divorzile, come emerge dalla disposizione analizzata, viene riconosciuto dopo che il giudice ha sottoposto al suo vaglio gli elementi elencati, ovvero:

  • le condizioni dei coniugi, intendendo per tali quelle di natura economica e patrimoniale;
  • le ragioni della decisione che hanno portato i coniugi a divorziare;
  • il contributo di natura personale ed economica che ciascuno ha dato alla gestione della famiglia, così come alla formazione sia del reddito familiare che di quello individuale;
  • il tutto rapportato anche alla durata del matrimonio.

Ulteriori presupposti per il riconoscimento dell’assegno divorzile, sono l’inadeguatezza dei mezzi del coniuge istante (ovvero l’insufficienza dei medesimi, comprensivi di redditi, cespiti patrimoniali e altre utilità di cui può disporre) e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive.

 

Addio al tenore di vita con la sentenza “Grilli”

Una delle modifiche più recenti e incisive che riguardano l’assegno divorzile è quella apportata dalla nota sentenza Grilli n. 11504/2017. Con questa decisione, solo in riferimento all’assegno di divorzio (e non a quello di separazione) si è abbandonato definitivamente il criterio del tenore di vita per la sua quantificazione.

La Cassazione ritiene infatti che, riconoscere soprattutto dopo il divorzio, una sorta di rendita vitalizia al coniuge più debole, contrasti con l’istituto stesso. Dal momento infatti che il divorzio pone fine definitivamente al matrimonio e quindi anche agli obblighi di assistenza morale e materiale, riconoscere un assegno commisurato al tenore di vita matrimoniale non ha senso.

L’unico caso che ne giustifica il riconoscimento è l’impossibilità oggettiva per il coniuge richiedente di mantenersi da solo, per cause estranee alla sua volontà. In caso contrario, ovvero se il coniuge risulta economicamente indipendente, l’assegno di divorzio non spetta.

Indici rivelatori dell’indipendenza economica del coniuge richiedente

Quando però il coniuge può dirsi economicamente autosufficiente e quindi non ha diritto all’assegno di divorzio? La sentenza Grilli n. 11504/2017 ha il pregio di fornire anche un elenco degli indici dai quali il giudice può desumere l’autonomia economica del coniuge che richiede l’assegno di divorzio.

Indici che possono essere così elencati:

  • la capacità reddituale;
  • il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza della persona che richiede l’assegno;
  • le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all’età, al sesso e al mercato del lavoro dipendente o autonomo;
  • la stabile disponibilità di una casa di abitazione.

L’indipendenza dell’ex coniuge per il Tribunale di Milano

Un’importante indicazione sulla valutazione dell’indipendenza economica del coniuge che richiede il riconoscimento dell’assegno divorzile l’ha fornita anche il Tribunale di Milano, sez. IX civile, con l’ordinanza 22/05/2017. Il Foro milanese, applicando i suddetti principi ha specificato che: “Per indipendenza economica deve intendersi la capacità per una persona adulta e sana – tenuto conto del contesto sociale di inserimento – di provvedere al proprio sostentamento, inteso come capacità di avere risorse sufficienti per le spese essenziali (vitto, alloggio, esercizio dei diritti fondamentali)”.Un parametro (non esclusivo) di riferimento può essere rappresentato dall’ammontare degli introiti che, secondo le leggi dello Stato, consente (ove non superato) a un individuo di accedere al patrocinio a spese dello Stato (soglia che il Decreto del 23 luglio 2020 ha fissato nell’importo di euro 11.746,68, ossia 978,89 euro mensili)”.

L’assegno di divorzio nella SU n. 18287/2018

Sull’assegno di divorzio e sui criteri di riconoscimento e di quantificazione è altresì intervenuta la nota sentenza a Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 18287/2018, che ha risolto un importante contrasto giurisprudenziale in materia.

In linea con la sentenza Grilli, l’assegno divorzile non può essere più considerato un mezzo per consentire al coniuge che ne beneficia la conservazione del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Esso però non è neppure più solo uno strumento di natura meramente assistenziale.

Le Sezioni Unite ne hanno infatti valorizzato la funzione compensativa senza fargli perdere quella assistenziale. Il tutto al fine di onorare e riconoscere il contributo dato dal coniuge alla realizzazione della vita familiare.

Il riconoscimento dell’assegno inoltre non è più condizionato dall’accertamento di uno stato di bisogno, ma assicura una tutela in chiave di adeguamento nelle situazioni caratterizzate da un dislivello reddituale conseguente alle comuni determinazioni assunte dalle parti nella conduzione della vita familiare.

Le Sezioni Unite con questa sentenza hanno in sostanza riconosciuto una protezione più marcata al coniuge debole, diminuendo il rischio che le scelte e i sacrifici compiuti insieme dagli ex coniugi possano rimanere privi di effetti.

Revoca dell’assegno divorzile e nuova convivenza

L’ssegno divorzile inoltre, come anticipato, può venire meno quando il coniuge beneficiario passa a nuove nozze. In realtà anche la convivenza more uxorio del coniuge beneficiario può far venire tale obbligo.

Come precisato però dalla Cassazione in diverse occasioni, la nuova convivenza, per far venire meno l’obbligo di versare l’assegno divorzile deve essere stabile, duratura e continuativa.

Come spiegato esaustivamente dalla Sez. 1 della Cassazione, nella sentenza n. 6855/2015 infatti: “L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno di divorzio a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Infatti, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post-matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.”