Con il termine divorzio congiunto si fa riferimento al procedimento giudiziario per lo scioglimento del matrimonio (o dei soli effetti civili, in caso di matrimonio concordatario) avviato dai coniugi consensualmente, dopo aver stabilito di comune accordo le condizioni che regoleranno la fine del loro vincolo coniugale (ad esempio, quelle sulla gestione dei beni comuni, sull’importo dell’assegno, sulla casa coniugale, sulle visite ai figli).
Una volta depositato il ricorso per divorzio congiunto, le parti sono chiamate a comparire personalmente dinanzi al giudice per il tentativo di conciliazione, in analogia a quanto previsto per la separazione personale.
Il Tribunale, in camera di consiglio, dovrà verificare che le condizioni stabilite dai coniugi non siano contrarie, qualora vi fossero, all’interesse dei figli, o che non siano contrarie alle disposizioni previste dalle norme imperative. Qualora il Tribunale non riscontri detta contrarietà, verificata l’esistenza degli elementi soggettivi e oggettivi richiesti, pronuncerà il divorzio con sentenza.
In caso contrario, ovvero nel caso in cui i coniugi non siano in grado di addivenire ad un accordo, ciascuno potrà depositare un ricorso con il quale chiederà la pronuncia di divorzio e svolgere ulteriori domande in merito alla prole e ad alle questioni patrimoniali.
Il Tribunale alla prima udienza, cosi detta presidenziale, emetterà i provvedimenti urgenti in favore del coniuge più debole e dei figli e nominerà il giudice istruttore: quest’ultimo sarà l’organo deputato ad accertare le domande svolte dalle parti in giudizio, attraverso un giudizio ordinario.
Per pronunciare la sentenza di divorzio Il Tribunale dovrà sempre verificare che si sia avverata almeno una delle seguenti condizioni:
- Che i coniugi siano separati legalmente da almeno 6 mesi in caso di separazione consensuale o da almeno 12 mesi in caso di giudiziale;
- Che uno di loro sia stato condannato per un reato per il quale il nostro ordinamento prevede la pena dell’ergastolo o una pena superiore ad anni quindici o, a prescindere dalla pena, per uno dei reati espressamente individuati dall’articolo 3 della legge sul divorzio (ad esempio, omicidio volontario di un figlio o tentato omicidio a danno del coniuge o di un figlio);
- Che uno dei coniugi sia cittadino straniero e abbia ottenuto l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio all’estero o abbia contratto, sempre all’estero, un nuovo matrimonio;
- Che il matrimonio non sia stato consumato;
- Che sia passata in giudicato la sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso di uno dei due coniugi.